Solitudini

Il preservativo “penzolava” dalla cabina antincendio a metà della rampa di scale del primo piano, dove abitavo. Non rimasi sorpresa, sapevo chi era, sapevo che a prescindere dal quel gesto,  decisamente disgustoso, si nascondeva un mio coetaneo o giù di lì.

Più del preservativo e del gesto in se stesso, la cosa che mi intimoriva era il contorno del giovane feticista. Con molta probabilità non era a conoscenza di tale definizione, o di quello che rappresentavano tali atteggiamenti.

Vicino di scala, il segaiolo era il minore di molti, parecchi, troppi fratelli e, più che paura, ciò che percepivo  era un forte senso di solitudine.

Non c’era tempo, denaro o voglia da dedicare all’ultimo nato; colmi di rabbia e dolore erano già i suoi fratelli, l’ennesima preoccupazione per una madre troppo stanca…

La cosa andava avanti da qualche annetto, lui cominciò a chiudermi nell’ascensore staccando la corrente, a bloccarmi nel sottoscala per poi passare ai famosi preservativi pieni appesi  nelle cabine o rientranze dove c’era la bocchetta  antincendio. Michele, il mio patrigno, aveva provato ad allontanare il mio piccolo stalker, ma poi  Michele non fu più lì per difendermi e la cosa stava degenerando. Il bello in tutto ciò era che a modo nostro eravamo due cuccioli lasciati a noi stessi e anche con tutto il disgusto che provavo non riuscivo a odiare e accanirmi verso quell’aggressore che poi non era nient’altro che un animaletto ferito e vittima dell’ignoranza che l’aveva cresciuto. Ovviamente, ai tempi, era solo una sensazione che dopo anni sono riuscita a metabolizzare e comprendere, ma la cosa che è sempre stata viva e chiara era la solitudine di entrambi.

Simona era sempre più presa dal suo nuovo lavoro e dalle innumerevoli amicizie e conoscenze che faceva; imparò a bere e l’eroina divenne un extra, con qualche pera una tantum che la stendeva a terra già con poche linee.

L’alcol la incattiviva sempre più, il dolore e la paura della malattia che aveva, aids, non venivano placate, ma accentuate. Io crescevo e cominciavo a odiarla tanto quanto l’amavo; a volte – non me ne vergogno – ho pregato perché morisse …

Passavo nottate intere sulle scale, sotto la pompa antincendio, là dove il mio stalker lasciava il suo preservativo, ad aspettare che tornasse pregando che non lo facesse.

La mattina, quando dovevo prepararmi per andare a scuola, era una continua lite, lei, sbronza dalla sera prima, non ricordava dove aveva messo il denaro guadagnato  e si accaniva verso di me a mo’ di amazzone tremolante per l’astinenza che  ormai aveva dal suo Gin e aranciata; con calma, le trovavo il malloppo fatto di pezzi da mille lire e  scendevo al bar sotto casa per prenderle da bere, lei si scusava e io andavo a scuola.

 

Vega Villani