Un artista di strada

Eravamo al paese della nonna di Michele, sora Menicuccia,  sulle colline del lago di Bolsena, un delizioso borgo dalle origini etrusche.

Mia madre discuteva con Michele – cosa che accadeva sempre più spesso negli ultimi periodi – quando vennero alla luce i segni che lei portava sulle braccia. I segni della sua – della loro – tossicodipendenza. E’  difficile ricordare le dinamiche di quell’ultima lite, arrivavano urla dai parenti riuniti a tavola, insulti rivolti a me e a mia madre. All’improvviso,  eravamo diventate estranee, indesiderate.

Andai a cercare la comitiva che avevo in paese. Aspettai con la testa sulle ginocchia del mio fidanzato dell’epoca, che mio nonno ci venisse in soccorso. Un paio d’ore dopo, eccolo arrivare, con lui c’era Mia: per lei, questa era soltanto la prima delle innumerevoli avventure vissute con mio nonno e sicuramente la meno difficile.  Il nonno aveva già preso mia madre, che stava sul sedile posteriore piangendo: come poteva non farlo, troppo aveva resistito. Salutai per l’ultima volta i miei amici, sapevo che non li avrei più rivisti, ma non dissi niente.

Michele non tornò a casa e mia madre, a parte lo sfogo di pianto che ebbe durante il viaggio, sembrava stare bene – anzi, come se nulla fosse accaduto, continuò la sua vita. Ritornarono le vecchie abitudini,  la casa si riempiva nuovamente di gente che andava e veniva.

Entrò poi nella nostra vita, o meglio, in quella di Simona, Riccardo, un omone dai rossi e ricci capelli e i denti a castoro: girava spesso con la sua chitarra e il suo blocco da disegno, la bottiglia di gin nella tasca posteriore dei jeans e il giornale. Come tutti gli uomini nati sotto il segno del Toro, era  fedele e possessivo, connubio che con il carattere di mia madre era alquanto pericoloso! Litigavano spesso, lei lo cacciava di casa per poi farlo ritornare la notte stessa. Alcol, amore, droga, litigi, un amore coinvolgente, tormentato.  Il poveretto era completamente in balìa di mia madre.

Dora, venendo a conoscenza delle capacità artistiche di Riccardo, gli commissionò delle vignette per un  libro che stava scrivendo, ma da bravo artista di strada qual era, Ric ebbe difficoltà a lavorare per questa eccentrica signora che prometteva a ogni loro incontro di pregare per lui e la per la sua salute.

Mi piaceva Riccardo, era un uomo buono, disponibile e non era coatto – sfortuna per lui, questo non giovò al suo essere …

Ancora serbo molti dubbi sulla sua morte, con evitabili sensi di colpa, ma per parlare di questo ci sarà tempo ….

Mentre io girovagavo per Roma con qualche amichetta  e facevo le prime seghe a scuola, mia madre, da traduttrice qual era (conosceva benissimo l’inglese), si trasformò in parcheggiatrice abusiva in una piazza di Trastevere: la conquistò a fior di litigate, uscendone vincitrice.

 

Vega Villani