LUNEUR

                                          L’ispettore non sa spiegare, ma crede  a V: è vittima di qualcosa.

Il giovane Luca rimane in silenzio per quasi tutto l’incontro, prende appunti, ascolta, osserva  la donna molto attentamente, osserva Leonardo e la conclusione è la stessa anche per lui, c’è qualcosa di molto  complesso in questo caso, è preso, quasi contento, ma subito dopo si pente pensando alle vittime…

L’ispettore è confuso, sta accadendo di nuovo, chi è la maschera? Non si è vista nessuna maschera nei filmati. Si gratta il capo, poi una telefonata sul suo cellulare mette tutti in allarme …

Nel frattempo, in via dei Bresciani, nel tribunale per i minori, la giudice Elena Santorini è alle prese con una causa di affido.  La donna è un tipo molto elegante, delicato e di bell’aspetto: capelli color rame sulle spalle, alta, slanciata – una gonna tre-quarti le mette in risalto le gambe – occhi chiari, labbra sottili, tratti duri, persino arcigni danno a quel viso gradevole qualcosa di stonato.

La maschera è lì, all’interno del tribunale, osserva la giudice al lavoro. tante sono le persone che vanno e vengono, eppure non la vedono, come non ci fosse. Con la schiena contro il muro, la strana creatura tira indietro la testa e si lascia andare a pensieri,  ricordi … poi d’un tratto sussulta: “Beatrice!”. Come risvegliata da un sogno torna a osservare la giudice.

La Santorini ha finito la sua ultima udienza, s’è fatto tardi, molte sono le scartoffie da sistemare e le cause da preparare per l’indomani, con aria seccata invita la grassottella cancelliera a preparare alcuni plichi e a farglieli trovare sulla scrivania prima di una mezz’ora, la poveraccia, carica di fascicoli, sudaticcia e stanca, annuisce, prova ad aggiungere qualcosa ma non fa in tempo, la stronza la zittisce: “E’ il compleanno di mio figlio, vorrei essere a casa in tempo per la cena  –  quasi bisbigliando – frigida stronza…”.

La maschera, con il cuore in gola e  la vista un po’ offuscata, solo una cosa ha ben chiara:  la vendetta!   L’oscurità del ricordo le ha portato via quel poco di colore e di armonia della vista sull’Aventino, che solo pochi minuti prima ancora avvertiva: un attimo di smarrimento, di sofferenza indefinita, di aggressività che sta crescendo a dismisura come il lievito nell’impasto da infornare.

Nuovi incubi, ricordi a cui non sa dare origine  o appartenenza vengono a cicli continui rendendola una perenne prigioniera ignara della pena che sta scontando. Come un pesce alla lenza si sente tirare. Perché? Da dove provengono queste sensazioni? La maschera ha sempre avuto la consapevolezza che la sua esistenza è assai più antica dei ricordi che le pulsano nella testa, ma ora comincia a porsi delle domande in conflitto con quell’istinto primordiale a cui non riesce a sfuggire, una forza superiore la mette in ginocchio, la costringe a cedere. Cammina con il suo walkman acceso giù per la discesa dell’Aventino, si avvicina a un tombino, vi entra per poi sparire nuovamente tra i tesori sotterranei di questa città eterna, un po’ come lei, antico essere …

Risucchiata da una spirale di fumi dai variopinti colori si ritrova sulle gambe che sente non essere sue …  passa dalla pubertà all’adolescenza.

***

Bazzicavo con Sabrina, una compagna di scuola, il  LunEur (Luna Park di Roma):  dall’uscita di scuola fino all’ora di cena  si riempiva   di comitive di studenti,  i militari in licenza  giravano a coppie per rimorchiare quelle ragazzine che pochi minuti prima nei bagni pubblici avevano tirato fuori dai loro zaini trucchi e parrucchi per poi agghindarsi di tutto punto e guadagnare qualche anno in più, conquistate dal fascino delle divise.

Vega Villani

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