1950 – La catastrofe dell’Europa non sarà che un episodio

Silvano Villani, La catastrofe dell’Europa non sarà che un episodio, “Il Momento”, anno VI, n. 41, venerdì 10 febbraio 1950

II

Il problema demografico è il chiodo fisso d’ambedue gli Huxley, di Aldous e di Julien. “La popolazione di Formosa – ha scritto Julien – si raddoppia ogni trent’anni. Lo stesso quella di Haiti. Quando io andavo a scuola, l’Egitto contava nove milioni d’abitanti, ora ne ha venti. Sessant’anni fa la popolazione del Giappone era la metà di quella di oggi – e sappiamo tutti che carica d’esplosivo sia la pressione demografica giapponese. Durante la guerra, nonostante le stragi, è aumentata di cinque milioni, e altri cinque le si sono aggiunti in questi pochi anni di dopoguerra”.

“Insomma – egli conclude – se si continua di questo passo, tra quattrocento anni la popolazione del mondo avrà raggiunto i cento miliardi”.

Vero è che noi non ci saremo, molto probabilmente, per pigiarci in quella folla. Ma il problema si sarà già posto in tutta la sua gravità tra qualche anno, quando molti di noi saranno ancora quaggiù.

Sir John Russell ha scritto: “L’aumento della produzione alimentare su cui possiamo fare affidamento sarà tale da soddisfare le esigenze di una popolazione cresciuta nella proporzione che si manifesta in Occidente. Potrà invece essere insufficiente nelle località dove la popolazione aumenta nella proporzione orientale”. “Quell’espressione ‘località’ – commenta Julien Huxley – è un capolavoro di diplomazia. Ricorda certi titoli comparsi sui giornali inglesi: ‘bufera nella Manica. Il Continente isolato’. Poiché la proporzione orientale cui allude sir John Russell è quella che caratterizza l’aumento della popolazione nell’Europa orientale, in Asia, in Africa, in Australia e nell’America del Sud. Come dire che le ‘località’ comprendono due terzi almeno della razza umana”.

E balza ora repentinamente in luce l’altro per noi più sinistro aspetto del problema cui dà luogo l’incremento demografico mondiale. Solo Aldous Huxley, per quel che ne sappiamo, vi ha accennato in un allarmante articolo dal titolo “Double Crisis”. La popolazione in Asia e in Africa aumenta del due, e talvolta anche del tre per cento. In India, stando alle cifre comunicate dallo Health Survey and Development Commettee, ogni dieci anni la popolazione cresce di otto milioni di unità. Mentre nell’Europa occidentale e nell’America del Nord l’aumento è minimo – seppure c’è, seppure non sono i decessi a superare le nascite. Nel 1970 – scrive Aldous Huxley – le popolazioni di Gran Bretagna e di Francia saranno scese di quattro milioni di unità ciascuna. La prevalenza dei decessi sulle nascite è da aspettarsi anche per Germania, Svizzera, Svezia, Norvegia, Italia settentrionale e Stati Uniti – solo tra più anni. Mentre per la stessa data l’Unione Sovietica avrà settanta milioni di cittadini in più, l’Asia e l’Africa decine e decine di milioni di gialli e di neri in più. Neri in più anche negli Stati Uniti – dove il problema “negro” per quella data forse sarà già diventato un problema “bianco”. La natalità declina nei paesi più progrediti, e particolarmente tra i membri più dotati intellettualmente di questi paesi. Per molte ragioni. Anzitutto perché la civiltà ha fatto sì che l’aver molti figli non sia più una ricchezza ma un onere economico spesso insopportabile. In secondo luogo perché la civiltà, la cultura e l’intellettualismo in generale, isteriliscono gli individui. Non è sempre perché non li vogliono che le persone intellettualmente dotate non fanno figli; molto spesso è perché non possono generare. L’aver parecchi figli a quanto pare è un privilegio – o una disgrazia – riservata in primo luogo agli ignoranti e agli individui scarsamente provvisti di quel che correntemente si dice spiritualità. Questo è stato constatato da sir Cyril Burt secondo il quale, per la fine del secolo, in Gran Bretagna ci sarà un numero pari solo alla metà di quello d’oggi di ragazzi in grado d’affrontare gli studi superiori. Abbonderanno invece i deficienti, che saranno il doppio.

Ciò vale anche per il resto dell’Europa occidentale e per i bianchi dell’America del Nord. Il declino della capacità intellettiva media tra gli alunni è un fenomeno che ogni professore, la cui carriera abbracci un certo numero d’anni, può constatare da sé. Agli ignoranti, ai cretini bisogna poi aggiungere i malati, quelli che tirano avanti a furia di iniezioni, di pillole e di ricostituenti, i tarati, i costituzionalmente incapaci, il numero sterminato di coloro, insomma, che la selezione naturale spazzerebbe via, e che vivono, invece, e vivranno – grazie alla pietà dell’organizzazione civile in seno alla quale siamo nati – e che faranno figli, o tenteranno di farne.

Non è neanche il caso di drammatizzare: ci basta tirare le pure e semplici conseguenze. L’Europa futura si troverà con una popolazione ridotta e in parte considerevole costituita dei discendenti dei cretini e dei tarati d’oggi di fronte a un’Asia, a un’Africa meno moderne, forse, meno civili, ma infinitamente più rigogliose d’umanità, cui farà gola quest’Europa debole e preziosa, sempre tale, nonostante i suoi infiniti guai, da destare le voglie dei barbari d’ogni terra. Avrà per difendersi numerosi tipi di spaventose atomiche, avrà perfezionate e micidiali armi batteriche – ma non è detto che i suoi avversari non le possiedano anche. Anzi le hanno già. Per secoli l’Europa s’è logorata e s’è avvelenato il sangue china sui suoi diabolici fornelli per estrarne i miracoli della sua tecnica. Credeva forse di lavorare per sé sola, ma è andata diversamente. Tutto il mondo ne ha profittato: hanno le armi dell’Europa, hanno la medicina dell’Europa, ma non hanno pagato il prezzo che l’Europa ha pagato. Anche in Cina, anche in India, certo, prima o poi, la nostra civiltà farà sentire i suoi effetti: ci saranno anche là paranoici, deficienti, mostri di sapere, poeti maledetti e scienziati atomici; anche là gli intellettuali s’accorgeranno di dover scontare le gioie dello spirito con l’impotenza a procreare – ma questo in un tempo più remoto. Ora hanno le nostre bombe piene di batteri, le nostre Università, la televisione – soprattutto hanno le nostre idee. Aveva ragione Spengler? “Aveva ragione Malthus” dice Julien Huxley. La catastrofe dell’Europa, il tramonto dell’Occidente non potranno essere eventualmente che degli episodi. Per il Duemila sarà l’Europa sola, forse, grazie alla sua maggiore consapevolezza a tremare di fame o di paura da morire. Dopo, sarà tutto il mondo di fronte al solo tremendo problema demografico. Ci sarà il Terzo Millennio? “Non raggiungeremo i cento miliardi – scrive Julien Huxley –qualcosa accadrà, qualcosa deve accadere prima”.

 

Silvano Villani