Cubetti di ghiaccio

Il tintinnare  dei cubetti di ghiaccio che cadono nel bicchiere  risulta all’ispettore Bartolomeo come una dolce armonia,  il color “ favo di miele” dello scotch è come l’assolo di un quartetto d’archi. Così l’ispettore vive quell’attimo di puro smarrimento, di sentimenti e istinti contrastanti dettati dalla saggia paura e da una temeraria curiosità. Seduto al tavolo ‘fratino’, tra la cucina e il salone, si mette all’opera. Riascolta il nastro, esamina le scene del crimine, guarda i filmati dal suo macbook:  comincia dalle telecamere di sorveglianza del dipartimento per poi seguire dalle diverse telecamere su strada la figura mascherata nel tragitto di ritorno.

“Sconcertante!” dice ad alta voce, le immagini sono nitide fin quando ad essere riprese sono cose e persone, ma all’arrivo della figura mascherata, l’intera sagoma è sfocata, come fosse radioattiva, è così in tutte le telecamere stradali.

La sagoma assume un colore verdastro, l’immagine è disturbata, come se ci fossero interferenze radio: Bartolomeo segue ugualmente il percorso fin sotto l’arco di Dolabella e Silano. Dalla borsa da lavoro tira fuori una grande agenda dalla custodia in pelle – regalo del suo vecchio superiore – e comincia a prendere appunti.

Entra nel blog, finalmente ne ricorda il nome. Chiama la questura per mettersi in contatto con il suo partner: più che un compagno, Luca è un discepolo, giovane geniale, molto infantile, un tipo che a vederlo non gli si darebbe un soldo di fiducia,  acuto e ingegnoso ma totalmente incapace di prendersi cura di sé. “Questi sono i dati del blog, chiamami quando hai più informazioni”, dice l’ispettore riattaccando, senza aggiungere altro. Tipico di Ottavio Bartolomeo!

Una bustina sullo schermo del PC avvisa che c’è una mail in arrivo,  è del medico legale. Dall’autopsia di Del Vecchio, il medico è riuscito a capire qual è  l’arma del delitto: un budello umano lavorato pressappoco come quelli che si usano per costruire le corde dei violini e gli strumenti a corde in generale. “Questo sta a significare che c’è un altra vittima”.

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Il sole sta tramontando e dal decimo piano la vista dall’appartamento di V è mozzafiato, lo smog di Roma dona al cielo tinte  artificiali.  lei è esausta, ha parlato con Navì per l’intera giornata, insieme hanno confrontato esperienze in rete,  cercato  qualcosa che potesse spiegare i vuoti temporali e le allucinazioni. Tutto fa pensare alle conseguenze di traumi gravi, casi di risveglio dal coma. Roba difficile, si può arrivare alla schizofrenia.  Ma non è così, Navì ne è convinto! Cellulare alla mano, sfoglia diverse pagine di medicina da  rubriche di quotidiani online : “Diamine, cazzo! Maaaa… ohhh – urla Navì, gli occhi pieni di sgomento misto a terrore  – Maaa, mammaaaa … la Longaretti, hanno ucciso la mia assistente sociale, ma sai che vuol dire?”. Il ragazzo non sa che pensare, la sua longilinea e un  po’ curva figura si muove esprimendo in pieno i sentimenti: per un attimo, V non vede il bel ragazzo di fronte a lei, ma il suo  pulcino biondo con i riccioli da puttino. Navì si siede su uno sgabello vicino al caminetto acceso, con una mano tiene l’attizzatoio, con l’altra digita rapidissimo sul display del cellulare. La madre si siede di fronte a lui.

Madre e figlio in sintonia, in silenzio, riflettono, per esclamare poi all’unisono qualche istante dopo: “Del Vecchio! il tutore legale!”. V non sa come le sia venuto, sta di fatto che all’improvviso la sua intera esistenza sta per andare  a rotoli più di quanto non abbia già rischiato e lottato per far sì che questo non avvenisse. Conosce la sensazione di impotenza, di paura e smarrimento. Ha già quasi perso tutto, i suoi figli, come la sua stessa vita, per cercare di fuggire dal terrore che per tutta la sua esistenza l’ha seguita come un fedele compagno di viaggio, l’ha presa per mano e accompagnata sulla strada della crescita, della vita, mai l’ha lasciata sola!

Possibile che il frutto di questo terrore, il senso di rivalsa abbiano alimentato…    Madre e figlio si mettono sul tavolo da gioco nel salone di fronte al camino: taccuini alla mano, cominciano a indagare su quello che trovano in rete.

L’assistente sociale, il tutore legale, e poi chi altro? A chi appartenevano le budella da cui è stata ricavata la corda che ha tagliato la testa di Del Vecchio? Poteva esserci un collegamento? C’è qualcosa di più profondo, di mistico e non dettato dal caso in quegli omicidi. Qual è il nesso tra il blog e l’assassino?

Il coma… già. Troppe benzodiazepine. O altro? V non ricorda. Era in bagno, una casa non sua, quel giorno la roulette aveva chiuso i giochi, lei aveva scommesso troppo sul rosso – il suo sangue – e aveva perso.

 

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L’ispettore è al quarto scotch, fuori dalla finestra gli sembra di vedere qualche fiocco di neve, è buio e il cielo conserva quel fresco profumo che annuncia che la neve è vicina. Lo confermano piccoli e radi fiocchi portati dal vento di tramontana,  probabilmente sui castelli romani sta nevicando. Sul davanzale della finestra, continua a pensare, tra un sorso e l’altro, fin quando lo stomaco brontola, guarda l’ora, l’orologio da tasca segna le ventidue, non ha mangiato granché.

Sigaretta, scotch e buona musica jazz lo accompagnano ai fornelli. Fegatelli di pollo al latte con scorza di limone –  la ricetta della zia Agata -: impegnato tra pentole e coltelli, non sente il cellulare fin quando il vinile che sta ascoltando non arriva al termine. E’ Luca  e ha un bel po’ di materiale riguardo al blog.

 

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In una cripta pagana nella Roma sotterranea, tra la basilica di san Clemente e il Celio, la figura mascherata mette una X su una foto appesa su un  tabellone costruito alla meno peggio a fianco di una branda. Oltre alla foto, ci sono articoli di giornale, mappe, annotazioni. La brandina sembra quella di una teenager: la coperta dai colori sgargianti è disegnata con motivi floreali hippy, grandi margherite e simboli di pace.

Vega Villani