Sert

Il tempo passava, io crescevo e mia madre con me.  Stava cambiando, di colpo dovette fare i conti con una parte  di vita che, nonostante la tossicodipendenza, le manifestazioni, lo spaccio non aveva mai conosciuto.  La vera lotta per la sopravvivenza non la conosceva.  Faceva difficoltà ad integrarsi con quell’angolo di strada. I suoi nuovi compagni di pere non erano figli di papà a cui erano stati tagliati i fondi, o artisti di strada etc. etc.  Esistevano persone la cui unica consolazione, l’unico respiro di sollievo , un po’ di calore stava in quella pera che si stavano facendo. Lei, che piena d’amore lo  era già di suo, cercava di darlo, diffonderlo, pagarlo.  Come mosche sul miele li attirava,  si trovò senza capirlo in ruolo che mai le avrebbe permesso di far parte di quella grande famiglia. A lei avrebbero voltato le spalle, come una turista presa per il collo.

Non si rendeva conto che quello che cercava non si poteva comprare, non capiva che lo sconcerto che provocava nelle persone era dovuto alla sua totale libertà. In quell’angolo di mondo  mostrare i propri sentimenti come la paura, l’amore o il desiderio equivaleva a  fragilità, debolezza e stupidità.  Veniva etichettata come la figlia di papà, una che parlava troppo,  quella da usare per svoltare la giornata e nulla più.

Prendeva il metadone nel Sert che si trovava al San Camillo,  vicino allo Spallanzani ( malattie infettive ) e al Forlanini.  Qui si fece la sua nuova comitiva:  dopo aver “bevuto” – preso il metadone –  gli utenti del Sert si fermavano sul muretto all’entrata dell’ospedale a bere stavolta qualche birra o superalcolico, fumare e aspettare di svoltare la giornata.  C’era qualcuno che gonfiava il portafogli con lo spaccio di roipnol, ero, hashish.

Passava ore, giornate lì fuori e sempre meno a casa, anche il rapporto con Michele andava scemando. Si divideva tra il bar sotto casa dove intraprendeva interminabili discussioni con quelle poche persone che l’ascoltavano e il  muretto del Sert.  Cominciò in quelle occasioni a bere: la trovavi lì, in piedi con il suo bicchiere sempre pieno a metà intenta a gesticolare e chiacchierare tra un sorso e l’altro.

Vega Villani