Il pesce

Non per il denaro che  mi avrebbe procurato, ma solo per il semplice piacere avrei voluto fare la prostituta, quel piacere scolpito sul viso di mia madre: la sua voce che si abbassava quando godeva ed entrava in estasi  mi incuriosiva al punto  di cercare  con una certa  ostinazione di conoscere a tutti costi come stavano le cose. La solitudine di quel periodo  mi donava una certa privacy  che mi permetteva di sperimentare e provare quella sensazione che tanto desideravo .

Il tutto non era innocente come dovrebbe essere in un bambino alle prese con  istinti naturali,  si macchiava – come troppo  pepe su una pietanza – di malizia, di vergogna e di tante altre sensazioni alle quali ora non so dare un nome. Giocavo a fare la donna, mi piaceva ma, allo stesso tempo mi disgustava.

Tutto ciò non passava inosservato come speravo.

Un giorno ricordo che un tizio, uno di quelli che girava per casa – mia madre se lo teneva vicino per  tenerlo buono, era una guardia, un tipo piazzato, moro, dalla barba incolta -, se ne stava rilassato a mollo nella nostra vasca, nel nostro bagno, la porta aperta e un sorriso ammaliante.  Mi disse di entrare… senza remore gli chiesi che cosa facesse, come se non fosse evidente.

Mi rispose che giocava con il suo pesce, un grande pesce che era proprio lì nella vasca. Non capivo il doppio senso, lui mi tirò la mano e la mise proprio lì sul suo pesce.

Lo tirai su, il suo pesce, lo strozzavo con un sorriso diabolico esclamando: “ ho ucciso il pesce! “. “Bambina di merda”, mi urlò contro.

Vega Villani